
Così Jacopo Vecchi Fossa: «Dalla buca 12 in poi ho amministrato il vantaggio e ho messo la palla in green sempre a meno di cinque metri. In complesso su questo campo ho giocato bene le prime nove, con birdie dalla due alla sette nel primo giro e ancora meno 5 nel secondo. La chiave del successo? Un perfetto gioco dal tee, che mi appartiene, e sotto i cento metri, dove invece ho messo una marcia in più questa settimana: con la palla a un metro dalla bandiera si evitano putt davvero complicati su green mossi come quelli di Antognolla».
Per lui, alle spalle, due titoli italiani (Foursome e Medal), cinque stagioni con la maglia azzurra (nell’Austrian Amateur Championship il successo più significativo) e meno di tre da professionista. Proprio nel 2017, all’esordio da pro, ha dovuto affrontare un’operazione a cuore aperto per un problema congenito e noto, ma da risolvere nel breve: uno stop completo da dicembre 20147 a marzo 2018, una ripresa non facile ma, subito in aprile, la vittoria nel Campionato Nazionale Open. Una bella storia, pazienza e carattere. Quest’anno il pro emiliano, che lavora con il maestro Giorgio Grillo, ha giocato undici gare del Challenge Tour: «Ho fatto fatica, non tanto per il gioco ma per le condizioni di vento e pioggia che ho trovato spesso. Direi che l’adattamento a meteo e campi più difficili, o comunque a situazioni diverse, è la cosa più complicata», ha commentato. Non a caso nel suo percorso fin qui è stato anche due volte a Pretoria, in Sudafrica, dove i 1800 metri d’altezza impongono un adattamento del gioco. Nel
suo calendario di ottobre le qualifiche di accesso al tour maggiore (il primo livello a Bogogno, Novara), il gran finale dell’Alps Tour a Terre dei Consoli (VT) e magari nel mezzo una wild card per l’Open d’Italia all’Olgiata. Intanto ad Antognolla un assegno di 8 mila euro.